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Fratel Biemmi interviene al Laboratorio Diocesano per la Formazione


Pubblicato il 22/03/2012

Lo scorso Mercoledì 21 Marzo 2012, presso il salone della Parrocchia di Sant’Antonio di Monopoli, ha avuto luogo un incontro diocesano inaugurante un nuovo percorso formativo che coinvolgerà soprattutto gli educatori e gli animatori di gruppi di catechesi giovani-adulti.

L’incontro ha visto la partecipazione non solo di Antonella Longo, segretaria dell’Ufficio Catechistico Diocesano, ma anche e soprattutto di fratel Enzo Biemmi, religioso dei Fratelli della Sacra Famiglia nonché presidente dell’Equipe europea dei catecheti e meglio conosciuto come l’autore del libro “Il secondo annuncio”.

Dopo la presentazione iniziale di Antonella Longo che ha illustrato il cammino formativo che verrà seguito nei prossimi mesi (un cammino in gruppi di lavoro cui Fratel Biemmi presterà la sua assistenza qualificata), ha preso la parola fratel Biemmi che ha tenuto una relazione di grande importanza e di straordinario interesse sulla catechesi degli adulti e dei giovani, ritenuta da molti una grande sfida del nostro tempo.

Il discorso ha seguito un ordine mappale distribuito ai presenti e concernente un progetto formativo condiviso e di qualità.


Tanti i punti toccati che sono stati così schematizzati:

1. La figura di fede adulta
2. La dimensione della fede
3. Il modello di formazione da adottare
4. Gli itinerari e i contenuti
5. La formazione dei formatori
6. Quale sogno di Chiesa

Fratel Biemmi si è soprattutto soffermato sul primo punto relativo all’aspetto della fede adulta e su quale figura di fede gli educatori sono chiamati a trasmettere ai giovani e agli adulti: in particolare, egli ha sostenuto sì la necessità di trasmettere la fede partendo dal contatto con le sue fonti primarie, ma ha anche sostenuto la necessità di mantenere aperta la porta della sorpresa della fede: ciò significa non rimanere rigidi trasmettitori della dottrina cristiana, ma rimanere aperti all’opera dello Spirito che converte realmente i cuori attraverso le sue opere meravigliose che, ancora oggi, possono sorprendere e colpire i cuori degli uomini.

E’ altresì importante il contatto e l’appartenenza alla comunità ecclesiale che deve mostrare di essere adulta in modo da non far regredire il fedele che comincia a percorrere i suoi primi passi al suo interno: quest’ultimo, come ogni laico, deve essere in grado di mettere al servizio della comunità le sue doti, il suo talento ed in sostanza la sua stessa fede (oggi questo avviene raramente perché il fedele quando entra in contatto con una comunità ecclesiale non adulta, rischia di rimanere ad un livello elementare: non è un mistero che la stessa fede non è un argomento di conversazione usuale all’interno della stessa comunità). Per far questo è importante che non si trasmetta un modello culturale di religiosità esasperata, ma un modello di spiritualità laicale.

Gli altri punti sono stati colti con minor approfondimento anche se magistralmente esposti: partendo dalla dimensione della fede (la domanda agli educatori è quale dimensione li preoccupa maggiormente) fratel Biemmi ha mostrato come sia indispensabile raggiungere un equilibrio tra la fede intesa come atto in sé, la fede intesa dal punto di vista dei sui contenuti (intellectus fidei) e la fede intesa come atteggiamenti e abitudini comportamentali (habitus fidei); questo perché non si può pensare di isolare una dimensione dall’altra in quanto sono interdipendenti tra loro.

Il pensiero è poi andato al modello adottato dal formatore nella sua attività di catechesi e cioè se si tratta di un modello essenzialmente espositivo o di un modello di tipo partecipativo o di un modello di apprendimento attivo: anche in questo caso si è evidenziata la necessità di raggiungere una sintesi tra questi modelli perché, ad esempio, così come non vi può essere partecipazione senza l’esposizione dei contenuti e dei valori della fede, così non vi può essere solo una fede di contenuti senza le opere o la partecipazione esperienziale.

Lo stesso ragionamento può ripercuotersi sugli itinerari (per)seguiti dal formatore nella sua attività: itinerari quindi che non devono essere solo biblici o solo sistematici o solo antropologici, ma un loro insieme complementare.

Lo sguardo di fratel Biemmi non poteva poi non cadere sul tipo di formazione che riguarda gli stessi formatori, soprattutto quelli più giovani ed inesperti; questi ultimi, infatti, non possono semplicemente ricevere l’incarico e poi essere abbandonati dal punto di vista spirituale. E invece necessario che essi ricevano un’adeguata formazione spirituale che si protragga lungo il tempo anche perché sappiamo bene come il cammino cristiano sia un cammino che dura tutta la vita e che nessuno può mai dirsi arrivato nella fede. Il rischio è altrimenti quello di cominciare a costruire sulla sabbia con tutte le conseguenze che ciò comporta.

La relazione si è quindi conclusa soffermandosi sia sul modello di Chiesa che intendiamo promuovere (una Chiesa di comunione o di corresponsabilità o di comunicazione) e sia su un breve riepilogo di quanto precedentemente esposto.

E’ possibile ascoltare l’intervento integrale di fratel Biemmi direttamente dal nostro canale Youtube.

Qui è possibile visionare la photogallery dell'incontro


 

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