Approdondimenti: "Urgenza dell'ora: Educare"

Bellezza e difficoltà dell'educare



S. Maria del Carmine | Urgenza dell'ora: Educare - Bellezza e difficoltà dell'educare Capitolo 1

E’ un’arte, sublime e delicata. È l’arte delle arti. Educazione deriva da educere, ossia “tirare fuori”, come fa l’ostetrica che aiuta il bambino a venire fuori dall’utero materno. Educare è tirare fuori dall’individuo la persona, dai minore l’adulto, condurre fuori da se stessi, per introdurre alla realtà. “Dentro ogni ragazzo c’è un uomo nascosto, sequestrato, che bisogna liberare” (Montessori). Educare è fare un viaggio intorno all’uomo per decondizionarlo, promuoverlo, aiutarlo ad essere ciò che Dio vuole che sia.

Chi educa pianta un uomo, insegna il mestiere di vivere da uomo e da cristiano, dando le ragioni per vivere, le direzioni di senso, il gusto del vivere.

È bello costruire l’uomo libero, capace di autogestirsi nel bene; affermare la sovranità della persona, emancipandone la coscienza, facendo crescere il senso critico e l’interiorità. Chi educa attrezza per la vita, fa sbocciare nelle persone tutte le potenzialità di mente e di cuore in vista di una libertà matura, capace di districarsi nella complessità. È un’arte gioiosa, affascinante, però non facile.

Non vogliamo criminalizzare il presente, rimpiangendo il passato. Non è stato mai facile educare. Oggi è diventata una sfida, un segno dei tempi. Molti educatori si sentono impotenti, inutili, fino a gettare la spugna della responsabilità educativa.

Oggi tutto è cangiante, frammentato. Sono morte le antiche certezze, ma le nuove non sono sorte. Molte certezze sono cambiate in dubbi. Oggi c’è l’eclissi del senso di Dio: si esclude ogni riferimento al trascendente, conta solo ciò che si vede, si tocca, si sperimenta. La crisi del senso di Dio ha portato alla crisi dell’uomo. La morte di Dio, nel cuore dell’uomo, comporta la demolizione della sua humanitas.

Il “diserbante etico” ha fatto terra bruciata di ogni valore e i nostri ragazzi non sanno più ciò che è bene e ciò che è male.

I modelli di vita vengono dettati dalla TV che insegna ad occupare i primi posti, ad avere successo, a competere, fare carriera, apparire di più, guadagnare di più. Si dimenticano i valori che fanno l’uomo maturo: la lealtà, l’onestà, il dovere, la giustizia, la sobrietà, la fortezza, la bontà.

Come si fa ad educare in un mondo in cui il bene è ridotto all’utile, la verità è fatta a fisarmonica, la bellezza è ridotta a godimento effimero?

Come si fa ad educare la sessualità quando si separa l’affettività dalla razionalità, la corporeità dalla spiritualità e si fa prevalere l’eccitazione sulla riflessione? Di conseguenza, ci si limita a fornire “istruzioni per l’uso”: ciò non è educare.

La famiglia si percepisce debole, perdente, rispetto ad altre agenzie educative. Non è più fondata sull’affetto, sulla comprensione, sulla comunione tra marito e moglie, genitori e figli.

Aumentano le famiglie ricostruite in cui uno dei coniugi o ambedue provengono da altre esperienze matrimoniali. Molti bambini nascono fuori dal matrimonio e vivono con un solo genitore. Aumentano le famiglie con genitori plurimi, ci sono fratellini con genitori diversi, bambini con cinque, sei nonni. Aumentano i giovani che preferiscono non sposarsi per essere più liberi. Molti fatti di cronaca nera tra le mura domestiche stanno ad indicare che il vuoto dei valori sfocia nel disagio.

Lo sviluppo tecnologico apre orizzonti nuovi, ma crea problemi nuovi. I mass-media eliminano le distanze, creano unità nel villaggio globale, diffondono conoscenze, ma possono creare di pendenza fino a farci scambiare il reale con il virtuale. Internet promette incontri, ma espone alla solitudine, fa crescere i desideri, ma non estingue la sete di senso. Ogni giorno sul mercato esce un nuovo modello di cellulare, un iPad, un notebook nuovo. I ragazzi vivono di queste cose, mentre noi adulti siamo a digiuno. Di qui la difficoltà a dialogare tra generazioni.

Questi sono gli scenari entro cui ci muoviamo, queste le sfide davanti a noi. Che facciamo? Ci arrendiamo? Ma neanche per sogno!

Non ci facciamo vincere dal pessimismo. Lo scoraggiamento non serve, paralizza. Partire sconfitti non è la cosa migliore. È inutile rimpiangere il passato, questo è il nostro tempo, il momento favorevole che lo Spirito Santo ci dona. Prendiamo atto della complessità e, senza sottovalutare le difficoltà, corriamo ad attrezzarci per far fronte all’emergenza educativa. In questa difficile battaglia dobbiamo avere l’occhio buono per distinguere gli alleati dagli avversari. Le forze positive vanno favorite, quelle negative vanno neutralizzate.

Nella nostra società ci sono valanghe di energie formative, comprese quelle latenti nel cuore di ogni ragazzo, ma l’incoraggiamento più grande ci viene da Dio che ha fiducia dell’uomo, scommette sull’uomo. Ogni uomo può salvarsi, è educabile, è capace di crescere, di migliorare, di cambiare. Dio paragona la persona ad una realtà dinamica, un terreno, un seme, una pianta, un capitale da amministrare, capace di dare frutto al trenta, al sessanta, al cento per uno.

Dio è sempre all’opera in ciascuno, servendo si del suo Spirito e di noi educatori. E noi educatori non siamo pochi, siamo un esercito. Sì, un esercito: genitori, insegnanti, preti, suore, catechisti, allenatori, assistenti sociali, volontari.

Non siamo pochi. Invece di lamentarci, rassegnati, facciamo alleanza tra di noi! Usciamo dalla solitudine educativa e dalla presunzione di farcela da soli. Convinciamoci che ciascuno nel proprio ambito educa in modo diverso e nessuno basta da solo. Abbiamo tra le mani strumenti formidabili. Non ci mancherà l’aiuto di Dio che si preoccupa prima e più di noi per la felicità dei suoi figli e ci aiuta a gestire i problemi educativi.




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