Approdondimenti: "Urgenza dell'ora: Educare"

Alla scuola di Dio, primo, vero, grande educatore



S. Maria del Carmine | Urgenza dell'ora: Educare - Alla scuola di Dio, primo, vero, grande educatore Capitolo 2

Facciamoci tutti allievi della divina pedagogia. Molti nostri insuccessi educativi hanno la radice nel non essere alleati con il VERO EDUCATORE. Dio è il protagonista principale del processo educativo. Noi genitori, insegnanti, catechisti, educatori collaboriamo, co-educhiamo, siamo strumenti nelle sue mani. È stato Dio a cambiare il cuore di Agostino, però si è servito delle lacrime di Santa Monica, della dottrina di Simpliciano, dello zelo pastorale del santo vescovo Ambrogio.

Dio non ha scritto nessun trattato di pedagogia, eppure non fa che educare, parlando alla mente e al cuore, con interventi sul campo.

Il suo metodo educativo è esigente, radicale perché il suo amore è assoluto, geloso. Egli ama educando ed educa amando. Sa farlo con forza e tenerezza insieme. Con il suo amore incontenibile previene, accompagna, perseguita. È nel suo stile educare senza rigidità, con pazienza, progressività, partendo sempre dal punto in cui si trova il soggetto da educare. Non educa con interventi occasionali. La sua azione è sempre mirata. Punta ad uno scopo: farci uscire da ogni schiavitù, farci diventare figli, renderci santi.

Lui non educa astrattamente, con principi calati dall’alto, a colpi di parole. Dio educa con interventi sul campo, servendosi di ciò che accade nella storia. Nelle sue mani ci sono il deserto, la farne, la sete, la crisi, gli eserciti nemici, i serpenti velenosi, la siccità, la malattia; diventano strumenti educativi.

Per educare, Dio si serve di azioni, comandamenti, correzioni, persone vive, cose concrete, situazioni vissute. È antieducativo fuggire il concreto. Perché si educa alla vita con la vita.

Dio non è un educatore molle, accomodante, rinunciatario. Egli è energico e deciso. È capace dì rimproverare e usare le maniere forti per correggerci. “Il Signore corregge quelli che ama e sferza chiunque riconosce come figlio” (Eb 12,6).

Chi corregge ama davvero e chi si sente amato si lascia correggere.

“Non credere di amare tuo figlio solo perché lo lasci in balia di se stesso” (Agostino). Il rimprovero nasce dall’amore, chi ama poco non sa rimproverare e si rifugia nel lamento. Educare non significa approvare tutto e sempre perché nessuno nasce perfetto. Educare significa anche contrastare gli istinti negativi, contrastare i capricci, l’aggressività e i vizi. Chi non corregge rinuncia ad educare. Certo rimproverare non è semplice; bisogna trovare il modo giusto e il momento giusto per farlo con efficacia. Non si rimprovera in pubblico o quando si è infuriati. Non basta dire “Hai sbagliato!”, bisogna mostrare le ragioni, confutare, convincere, mostrare il torto, smontare le ragioni fasulle. Ci vuole un amore intelligente che pensa e riflette, prima di rimproverare. La correzione somiglia a quei medicinali composti di veleno, esige molta precauzione.

Gesù ha paragonato il Padre al vignaiolo, esperto in potatura. La potatura è un gesto di amore verso la pianta, anche se la fa soffrire. Mira a portare più frutti, non a mortificare. I giovani non vanno accontentati sempre, ai giovani bisogna anche chiedere qualche sacrificio e dire qualche no. All’educatore si chiede la pazienza e la tenacia del contadino.

Se dal Vangelo appare che Gesù è il maestro, la via, il contenuto, la meta dell’educazione, lo Spirito Santo appare come il “grande alleato” di ogni educatore. Come maestro interiore, egli è sempre all’opera in ogni cuore, in ogni ambiente.

Egli è lì a consigliare, esortare, convincere, consolare, rimordere la coscienza dal di dentro. Noi educatori dobbiamo solo assecondarlo, lasciarci condurre, accompagnare la sua azione, aiutare a percepire la sua voce.

Lo Spirito Santo non ha mai abbandonato nessuno su questa terra, perciò non esistono casi irrecuperabili, giovani irrecuperabili. Si perde solo chi pecca contro lo Spirito Santo.

 

Mettendoci alla scuola della divina pedagogia risulta evidente che EDUCARE:

- non è far fare, ma far volere;
- non è imporre delle scelte, ma mettere in moto la libertà;
- non è costringere a fare certe cose, ma aiutare ad essere;
- non è proibire il male, ma promuovere il bene, attivando la libertà;
- non è modellare a nostro piacimento ma aiutare la persona a realizzarsi;
- non è solo istruire per abilitare a fare, ma abilitare ad essere;
- non è un vaso vuoto da riempire, ma un fuoco da accendere, attivando le potenzialità già presenti nel ragazzo.

 

Perché i ragazzi diventino grandi ci vogliono tre scuole:

1. la scuola del cuore: la famiglia;

2. la scuola dello spirito: la parrocchia;

3. la scuola della mente: l’istruzione scolastica.




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